Il periodo storico che stiamo vivendo è unico, con delle complessità mai affrontate finora a livello globale. Quelle che prima erano delle possibilità sono diventate delle nuove necessità, come il lavoro in remoto, gli acquisti online, la distribuzione programmata, che oggi viviamo come strumenti imprescindibili per continuare la normale vita privata e lavorativa.
Le necessità digitali sono aumentate alla velocità della diffusione della pandemia e i tempi sembrano essere prematuri per una trasformazione culturale così profonda, a cui abbiamo dovuto abituarci in pochissimo tempo, perché in pochi mesi abbiamo imparato ad usare tecnologie che pensavamo sarebbero state usate in modo estensivo solo tra alcuni anni.
Moltissime aziende stanno vivendo questa trasformazione come una corsa per la sopravvivenza, perché non adeguarsi vuol dire non raggiungere i clienti, invece di pensare le tecnologie come strumento per migliorare le proprie attività. Allo stesso tempo, però, notiamo che nelle imprese con una maturità digitale consolidata, in cui le tecnologie sono parte integrante delle strategie, la produttività non ha subito diminuzioni, ma anzi è aumentata in media del 5%.
Questo digital gap deve essere colmato, per fare in modo che il tessuto economico non diventi un oligopolio di soli grandi player o aziende “native digitali”, il cui sviluppo sta esplodendo, altrimenti potremmo perdere il patrimonio imprenditoriale che esiste negli archivi non digitalizzati, nelle eccellenze locali, nelle buone pratiche e nelle competenze distintive di imprese che in questo momento non riescono a sfruttare il potenziale innovativo delle tecnologie.
Ormai siamo nell’epoca della Multiplied Innovation, in cui si susseguono le nascite di nuove tecnologie, che combinate insieme portano innovazioni stravolgenti che cambiano il modo di lavorare all’interno di interi settori. Se oggi, chi si occupa di digitale da per assodato l’utilizzo di tecnologie come Cloud, Mobile, Social e Big Data, che sono i pilastri della digitalizzazione, nei prossimi anni ci abitueremo ai sistemi che integrano Intelligenza Artificiale, Internet of Things e Blockchain. Ma ci sono intere filiere produttive che non hanno ancora adottato neanche le tecnologie pilastro e osservano con preoccupazione le innovazioni nel mercato, per paura di dover rincorrere il futuro, non riuscendo a stare al passo coi tempi.
D’altro canto l’innovazione digitale non deve essere vista come un’imposizione, ma una possibilità, una leva per riprendere le proprie attività con nuovi strumenti che consentono di raggiungere altri risultati, anche migliori rispetto a quelli ottenuti con i metodi tradizionali.
Ma sappiamo che l’ostacolo più grande all’innovazione è la complessità, e per questo in WebRatio ci siamo posti una domanda, che è diventata anche la nostra mission: possiamo rendere semplice e accessibile la Trasformazione Digitale?
La nostra risposta è la tecnologia low-code, con la quale il gap digitale può essere colmato ad una velocità e semplicità inedite, rendendo l’innovazione accessibile e liberando tutto il potenziale innovativo nascosto in azienda. Grazie al 700% di aumento di produttività di sviluppo della progettazione visuale, le imprese possono digitalizzare i processi aziendali in poche settimane, con un payback period anche di soli 6 mesi.
Se le innovazioni digitali possono essere la leva per ripartire e uscire dalla crisi momentanea in atto, il low-code può essere lo strumento con cui ogni azienda può implementarle e trasformare il business. Questa nostra visione è anche descritta nel whitepaper “Il low-code salverà la Digital Transformation”, in cui abbiamo incluso i racconti dei progetti dei nostri clienti e con cui abbiamo voluto tracciare un possibile percorso per tornare ad una normalità, almeno di business.
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