Negli ultimi anni l’AI generativa ha rivoluzionato il mondo dello sviluppo software, introducendo un nuovo approccio che sta rapidamente prendendo piede: il vibe coding.
Il vibe coding è un paradigma emergente, supportato dalle AI/LLM, in cui il programmatore esprime in linguaggio naturale (prompt) ciò che vuole ottenere, e l'intelligenza artificiale genera, modifica o spiega il codice in tempo reale.
Il vibe coding sta diventando popolare per diversi motivi:
Ma non è privo di limiti:
Per capire quale approccio — vibe coding o low-code — riduce davvero il backlog, bisogna analizzare come ciascuno affronta le quattro categorie di backlog (feature, manutenzione, debito tecnico, richieste operative).
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Aspetto del Backlog |
Low-Code |
Vibe Coding |
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Nuove feature / miglioramenti |
Molto efficace: grazie a modelli visivi, configuratori e il riuso di componenti si possono creare funzionalità rapidamente. |
Potenzialmente rapido: si possono generare UI e logica via prompt. Ma richiede supervisione da parte di un esperto e più iterazioni di prompt e debugging, il che può rallentare in assenza di disciplina. |
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Manutenzione correttiva (bug) |
Debug visivo e generazione automatica aiutano a ridurre errori. La piattaforma impone regole di codice che ne garantiscono la qualità. |
Il debugging può essere più complesso: l’AI può generare codice non perfetto, e se il developer non ha l’esperienza necessaria per capire il codice, la manutenzione può diventare un collo di bottiglia. |
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Debito tecnico |
Molto ben gestito: aggiornando la piattaforma, il codice può essere rigenerato. I moduli visuali permettono il riuso di componenti già validati. |
Rischioso: se l’AI produce codice "sporco" o non allineato, potrebbe accumularsi debito tecnico. Senza pratiche di verifica o review da parte di developer senior, il debito può esplodere. |
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Richieste operative / integrazioni |
Le piattaforme low-code facilitano le integrazioni con la modellazione delle API, oppure con componenti e connettori predefiniti. |
Può essere flessibile: con i prompt giusti l’AI può generare codice per integrazioni, ma serve expertise per garantire che l’AI generi il codice giusto e soprattutto sicuro, adatto ai sistemi complessi aziendali. |
Il Low-Code sembra avere un vantaggio strutturale nell’affrontare il backlog, specialmente per scenari operativi di impresa, perché offre componenti riutilizzabili, debug visivo e generazione automatica robusta. Il Low-Code è progettato per ridurre l’accumulo di backlog in modo sistematico.
Il vibe coding, d’altro canto, è potente per la prototipazione, l’ideazione rapida e la creatività, ma può essere meno affidabile quando si tratta di ridurre backlog di lungo termine in contesti mission-critical, a meno che non vengano introdotte pratiche rigorose di testing, revisione e verifica.
Nell’ultimo periodo, stanno emergendo sistemi IA di analisi automatica del codice, che comunque devono essere controllati e supervisionati. Si ricade così nello stesso problema: è un approccio che richiede esperienza e più iterazioni, allungando i tempi di attività del backlog.
La differenza più profonda tra vibe coding e Low-Code è legata all’esperienza richiesta allo sviluppatore.
Nel vibe coding, infatti, l’AI amplifica le capacità del programmatore, ma non le sostituisce: per ottenere risultati affidabili servono competenze di debugging, conoscenza dei pattern architetturali e capacità di valutare criticamente il codice generato. L'AI accelera l’esecuzione, ma è lo sviluppatore a dover dare direzione, correggere gli errori e garantire qualità e sicurezza, rendendo questo approccio efficace solo se c’è una base tecnica solida.
Il Low-Code, invece, riduce intrinsecamente la complessità: i modelli visivi e i componenti precostruiti abbassano la barriera tecnica, permettono anche a sviluppatori junior o citizen developer di creare applicazioni affidabili e consentono a sviluppatori senior di concentrarsi sulle parti veramente complesse.
In altre parole, mentre il vibe coding amplifica ciò che il programmatore già sa fare, il Low-Code standardizza e struttura il processo, riducendo la dipendenza dall’esperienza individuale e offrendo un percorso più prevedibile per diminuire il backlog.